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CONVEGNI

 

LA STORIA DEI CAVALIERI DI SAN VALENTINO

 

In occasione del Convegno di Prevenire è Possibile del 1995 mi venne l’idea di nominare Cavalieri di San Valentino i ragazzi dei gruppi di incontro di diverse città italiane. San Valentino è il santo Patrono di Terni e la notte tra il 13 e il 14 febbraio 1995, era l’ideale per accendere un ideale nell’animo delle centinaia di ragazzi presenti.

Il tema dell’innamoramento, che sta dentro il miracolo dell’amor sublime tra Sabino e Serapia uniti in matrimonio da Valentino, poteva davvero essere il nucleo intorno al quale costruire una nuova visione della relazione. In più l’espressione Cavaliere evocava l’uscita dalla notte dello spirito, dalla fame e dalla povertà, la difesa della Cristianità e il superamento della crisi di civiltà che fu il compito nel medioevo degli Ordini Cavallereschi. Monaci e Cavalieri in armi, lungo tutto l’arco dei dieci secoli hanno fermato la barbarie calata sull’Europa, hanno diffuso la cultura della cristianità e il messaggio della Resurrezione. Il messaggio fu affascinante per molti ragazzi che si scoprivano Cavalieri ed entravano in un contatto diverso con quel “sé” ideale non ancora preso in considerazione.

Con questo spirito presero vita molte iniziative dei Cavalieri di San Valentino in varie parti d’Italia e sul web (cavalierisanvalentino@mbox.it fu uno dei primi 10mila account italiani) utilizzando gli spazi e le risorse che la legge 285/97 offriva ed incrociandosi con i Progetti Giovani voluti dall’amico Luciano Corradini, allora sottosegretario alla Pubblica Istruzione, favorì tutte quelle iniziative nella scuola (dalla circolare sull’accoglienza fino alla lotta alla dispersione scolastica) che sviluppavano il protagonismo dei giovani. In quegli anni Prevenire è Possibile si diffondeva in tutte le regioni e il giocoso richiamo ai cavalieri era un ottimo lievito.

Il rituale di investitura era molto semplice: un cavaliere poteva proporre qualsiasi altra persona come nuovo cavaliere, se voleva ne esponeva i motivi altrimenti era il candidato dover dire per quali motivi si sentiva cavaliere. In molte occasioni alle parole veniva sostituito un biglietto che, conservato dentro un grande scatolone di cartone, era l’”arca” che conteneva tutti questi piccoli messaggi raccolti da ragazzi ed adulti.

Deposto il biglietto il neo nominato cavaliere riceveva un abbraccio da parte del suo padrino e gli veniva appuntata sul petto la spilla distintivo, in assenza di quella qualunque oggetto che la potesse sostituire (un foglio adesivo, un distintivo fatto il legno, in plastica, in cartoncino, ecc.). Il rituale meno “rituale” possibile! In ogni caso intenso, con l’imbarazzo e la consapevolezza della stranezza che si stava vivendo e con la gioia di sentirsi davvero cavalieri.

Il nucleo dell’emozione sta nell’ideale cavalleresco che si manifesta come simbolo di coraggio, di sincerità e di lealtà. Quanto ci sia di proiezione immaginativa e quanto di realtà è difficile saperlo. Chissà cosa vivevano davvero i singoli cavalieri e le formazioni cavalleresche nel rapporto con se stessi e nella loro idealità che è sicuramente giunta a noi come romantica e romanzata. L’ermeneutica, ovvero l’attività filosofica di interpretare un testo ma anche un vissuto, è affascinante perché spinge ad immaginare realtà storiche lontane dalla nostra che sono esistite con le stesse emozioni che l’essere umano sperimenta nelle sue infinite sfumature ma con contesti e situazioni che svelano altri sapori dell’esistere ed altre verità sulla misteriosa condizione dell’esistere dell’essere umano. Vivere la vita è sempre stato, in ogni epoca, una questione tremendamente seria.

In ogni caso occorreva capire di più sul senso di essere cavaliere, specialmente se volevo proporre a me stesso ed ad altri una forma mentale e relazionale di questo tipo.

Per sapere chi erano i cavalieri bisognava chiederlo a dei cavalieri. Nacque così la riunione di Acquasparta del 25 gennaio 1996 quando, insieme a Emilia Scotto, Tiziana Vagnetti e Cecila Gatto Trocchi, presentammo, nella Basilica della Pace, i neonati Cavalieri di San Valentino agli antichi ordini cavallereschi invitati per l’occasione: i cavalieri della Pace, i cavalieri del Santo Sepolcro, i cavalieri di Malta, i cavalieri Templari.

La questione aveva anche alcuni risvolti giuridico legali che volevo chiarire: era legittimo fondare un ordine cavalleresco? Il conferimento di onorificenze illegittime è un reato previsto dall'art. 8, comma primo, della legge 178 del 1951.  Tale norma punisce, con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da € 645,57 a € 1.291,14 e con la sanzione accessoria prevista dal comma terzo della pubblicazione della sentenza di condanna, chiunque, come privato, ovvero nell'ambito di enti o associazioni, conferisca onorificenze, decorazioni o distinzioni cavalleresche, sotto qualsiasi forma o denominazione… E' necessario poi che il conferimento sia avvenuto nel territorio dello Stato. Questo perché, non specificando l'art. 8, primo comma, il luogo del conferimento, deve applicarsi il principio della territorialità della legge penale (art. 3 c.p.).

Dunque, sul piano formale, eravamo in assoluta illegalità. Cosa che non mi spiacque del tutto ma che richiedeva un approfondimento. Fu chiaro in breve tempo. La norma serviva proprio a trasformare in burocrazia lo spirito cavalleresco e questa comprensione condivisa con i cavalieri degli altri ordini sollevò un importante sipario: “Il fatto stesso di essere e definirsi cavalieri è un atto di coraggio, anche sul piano formale!” mi venne risposto. “In ogni caso fregatene nessuno a mai capito il significato di questa legge, nemmeno quelli che l’hanno scritta!”. In ogni caso non è punita l’accettazione di onorificenze, siano esse legittime che illegittime, tantomeno il far mostra per vanteria di insegne e distintivi.

Il viaggio nel passato avvenne però nella accesissima discussione tra Cavalieri del Santo Sepolcro e Cavalieri Templari, in lite da sette secoli.

Ciò che mi colpì di quella discussione non furono le interpretazioni storiche o politiche ma le accuse reciproche di mancanza di spirito cavalleresco tra i litiganti. Il viaggio incredibile nel passato terminò con un mio banale richiamo sull’umile significato educativo e propositivo che stava alle spalle dell’idea di innamoramento dei Cavalieri di San Valentino, una gioiosa accettazione del nostro stile che spense i conflitti e si concluse con una cerimonia officiata nella meditazione e nel silenzio.

Il fatto storico alle spalle della lite era l’arresto e la successiva tortura di tutti i Templari da parte di Filippo il bello, re di Francia, che venerdì 13 (da allora nasce la superstizione del venerdì 13) ottobre del 1307 fece arrestare tutti i templari presenti sul territorio francese e sequestrarne i beni. Ci fu l’arresto simultaneo di 546 cavalieri, riuscirono a fuggire in Svizzera solo una dozzina di templari. L’ordine era decimato sia nell’organizzazione con la cattura di Jacques de Molay che con il sequestro delle ingenti ricchezze che Filippo utilizzò per risanare il bilancio del suo regno. Con quell’evento cambierà tutto lo stile e il significato dell’epopea cavalleresca giacché i cavalieri verranno oggettivamente sospinti in direzioni massonico esoteriche.

Questa interpretazione era chiara e sufficiente per comprendere come i cavalieri di san Valentino non avrebbero mai dovuto avere nessuna forma organizzativa poiché l’appartenenza è sempre stata assolutamente individuale, legata al fatto di “sentirsi cavalieri” ed accettare con se stessi di esserlo e nemmeno nessuna forma patrimoniale e nemmeno nessun riconoscimento istituzionale.

In tutti questi anni sono stati nominati centinaia di cavalieri che ricorderanno l’investitura come una forma simpatica e piacevole di gioco e che forse avranno meditato sui sette passi della Regola che scrissi in una notte di meditazione e di solitudine nel gennaio 1996 sulla spiaggia della Giannella. La trascrissi il giorno dopo e la mandai per fax all’amico Salvatore Cortorillo a Monreale che me la porto, stampata in 500 copie, il 14 febbraio a Terni.

Anche la costituzione in associazione fu un processo problematico. Il notaio dichiarava impossibile costituire in modo assembleare una associazione con 330 soci fondatori, tanti erano i presenti il pomeriggio del 12 febbraio presso l’Aula Magna dell’Istituto Federico Cesi, proprio per la natura delle carte da bollo in cui si dovevano raccogliere le firme. Ovviammo all’inconveniente attraverso una stampante a modulo continuo dove tutti i partecipanti apposero la loro firma dopo aver discusso, punto per punto, lo statuto dell’associazione. Poi, però, io, Maria Paolucci e Sandro Froscianti fummo costretti ad andare, in qualità di rappresentanti, presso lo studio del notaio Clericò in rappresentanza a firmare per ratifica l’atto costitutivo e lo statuto.

Un primo segnale dell’ipocrisia burocratica. E non ci fu solo quello. Ricordo poi la fatica per ottenere il riconoscimento come associazione di volontariato da parte della Regione Umbria che, quando arrivò, presentava una inaccettabile sorpresa: il decreto di riconoscimento portava come numero d’ordine il 666. Non era possibile essere riconosciuti con questo numero! Fatte molte insistenze perché venisse cambiato il numero del decreto decidemmo di rinunciare al riconoscimento (dicendo a noi stessi che lo avremmo ripresentato in seguito, ma ben sapendo che non avevamo nessuna voglia di essere riconosciuti da nessuno).

I cavalieri di San Valentino non hanno nessun riconoscimento se non quello di riconoscersi tra di loro. E di riconoscere le loro emozioni ed i loro sentimenti. Non a caso una delle più simpatiche  iniziative di incontro fu il raduno dei cavalieri poeti di Cerignola. Dopo la manifestazione contro la droga in Piazza a San Giovanni Rotondo Nunzia Augello, punto di riferimento dei Cavalieri in Puglia, costruì molte iniziative di gemellaggio tra scuole di Terni e di Foggia riuscendo a mettere in moto un Premio Letterario Internazionale che organizzammo a Cerignola, grazie all’aiuto della Preside del Liceo Classico. I bigliettini di adesione allo spirito dei cavalieri si erano trasformati in poesi e l’idea di chiamare a raccolta i poeti per celebrare le emozioni della vita fu immediatamente accolta. Franco Centi si trasferì a Cerignola per tre mesi, costruì le giurie del Premio Letterario formate dagli studenti dei gruppi di incontro delle scuole di Cerignola, lanciò il bando per la poesia dei Cavalieri ottenendo centinaia di adesioni e, 16 e 17 dicembre 1995, furono giornate di festa e di commozione. Un particolare suggestivo ci venne in aiuto. A Cerignola non c’erano spazi chiusi in grado di contenere centinaia di persone e fu l’incontro fortuito ad una stazione di servizio con i fratelli Bellucci che ci fece affittare il tendone del Circo Embell Riva. Quei due giorni sotto il tendone ad ascoltare poesie, musiche, testimonianze, mangiando panini e brioche, scatenandosi nel ballo per poi riprendere ordinatamente l’ascolto e le valutazioni delle giurie sono stati indimenticabili.

Questo lo spirito degli incontri sia che avvenissero nel tendone di un circo o sul greto del fiume Arno ad ascoltare la voce del fiume come a San Giovanni Valdarno, o nel parco di Arezzo a riconoscere se stessi nella forma di una particolare foglia, o sull’isola Polvese a fare cerchio in mezzo ai prati, o a Cava De’Tirreni a riconoscere se stessi guardando le stelle da un vecchio monastero, o nel seminterrato dell’istituto Sirani di Bologna per sentirsi uniti e raccolti, o a Fratta Minore, Aversa, Benevento, Agrigento, Ragusa, Bolzano,  Perugia, Noto, Pachino, Verona, Melegnano, Sarzana, San Remo, Tolentino, Gualdo tadino, Rieti, Sora, isernia, Altamura, Roma, Ostia, Montalbano, Policoro, Frosinone, Viterbo, Orvieto, Chianciano…Ogni anno il momento più forte e significativo era la meditazione notturna alla Cascata delle Marmore, aperta dal Sindaco di Terni per i Cavalieri. La prima di quelle meditazioni, alle 11 di sera con la cascata illuminata dalle fotoelettriche di un camion dei pompieri di Terni (non c’era ancora il parco illuminato che oggi circonda ed abbellisce la cascata), fu davvero un momento magico! Per un effetto della psicologia del processi visivi quando si guarda una massa in movimento continuo (il fluire dell’acqua, le onde, ecc.) si è dapprima portati a seguirne il movimento per poi mettere a fuoco un punto all’infinito ed entrare in una dimensione di attenzione non focalizzata che libera la sensazione di pace interiore e di fusione con il contesto.

Quella meditazione fu un momento molto forte che ebbe un importante riscontro nell’assembla del mattino successivo quando un ragazzo uscito dalla comunità di San Patrignano, ex tossico,    prese la parla e, ringraziando per il bel momento vissuto alle cascate disse: “Ieri notte ho provato in modo naturale quella sensazione che ho sempre cercato nell’eroina!”. Più chiara conferma non poteva esserci! Scrivemmo un nota di istruzione, che venne incisa su una vetrata in cui è rappresentato il cavaliere stilizzato: “Fissa con intensità un punto preciso nelle spumeggianti acque, lascia che la vertigine si trasformi in incantamento e ti meraviglierai nello scoprire che c’è un Cavaliere di San Valentino anche in te!”.

La vetrata avrebbe dovuto essere collocata nella parete rocciosa di fronte al grande salto dell’acqua ma le autorizzazioni burocratiche da parte dei diversi enti non vennero rilasciate entro un ANNO DI TEMPO  e, nel San Valentino del successivo 1998, la vetrata non fu collocata. E’ ancora a casa mia perché non ho mai più controllato lo stato delle autorizzazioni. Nel frattempo le giocose investiture hanno toccato tante città, tante persone e, soprattutto, tanti giovani.